Il palazzo

Racconto finalista al concorso letterario "Voltare pagina" di San Donato Milanese

C’era una volta, in un luogo al di là della fantasia, un grande palazzo interamente costruito di libri.
Sì, avete capito bene, era proprio costruito con i libri, non era una biblioteca dove i libri erano solo sugli scaffali, questo palazzo aveva fondamenta, muri, tetti e addirittura comignoli fatti di pile e pile di libri impilati e incastrati fra loro.
In questo palazzo vivevano molte persone, ognuna con un suo ruolo e un suo compito, c’era chi preparava il cibo, chi si occupava delle pulizie, chi della manutenzione e chi della costruzione del palazzo con i libri, ma la maggior parte delle persone che viveva lì si occupava di scrivere.
Proprio così, nel palazzo di libri vivevano i librai che passavano le loro giornate nello scrittorio a scrivere.

Ogni tanto qualcuno dei librai chiudeva un libro e lo metteva da parte in una pila che stava vicina alla sua scrivania; questi libri venivano portati via da uno degli addetti alla costruzione e diventavano nuovi mattoni del palazzo che diventava sempre più grande ogni volta che un libro veniva chiuso.
C’erano libri con tantissime pagine e libriccini che erano poco più di opuscoli. Alcuni avevano pagine grandi come un diario, altri come un atlante geografico, altri ancora stavano in una sola mano, ma ognuno di questi una volta chiuso trovava posto in qualche struttura del palazzo e contribuiva alla sua crescita.
Nello scrittorio i librai passavano da un libro all’altro scrivendoci sopra una frase, un appunto, un intero paragrafo o a volte anche una sola parola.
Ogni tanto nello scrittorio si sentiva un tonfo, era uno dei libri che veniva chiuso e messo da parte, spesso si sentiva un fruscio, era la pagina di un libro che veniva girata.

Nel palazzo viveva il bibliotecario. La sua stanza era la più antica, era lì da prima che esistesse il palazzo. A quel tempo il bibliotecario era l’unico libraio, l’unico costruttore, l’unico abitante di quella stanza.
Fu lui che all'inizio dei tempi, proprio in quella stanza, cominciò a scrivere il primo libro e su questo libro cominciò a scrivere quello che succedeva: osservava la nascita del mondo e ne prendeva nota.
Gli eventi si susseguivano lentamente, le ere si alternavano alle ere e il bibliotecario scriveva i grandi cambiamenti che si alternavano nel mondo, ogni qualvolta un evento modificava il mondo lui voltava una pagina e ricominciava a scrivere: pagine di fuoco e fiamme, pagine di gelo e ghiaccio, pagine di acqua e terra, pagine di alberi e rettili, pagine di mammiferi e uccelli…

Poi nel mondo avvenne un evento che ne avrebbe sconvolto la storia più di quanto fecero il fuoco e il ghiaccio.

Nel mondo comparve l’uomo.
Una strana creatura che viveva velocemente, che si era inserita nel mondo sconvolgendone i ritmi, che viveva i giorni come se fossero intere epoche, che, anziché assecondare il mondo, lo plasmava secondo i suoi bisogni, che viveva emozioni sempre più intense e che poteva cambiare il corso della sua vita in un modo che il mondo non aveva mai visto.

Prima della comparsa dell’uomo nessuna creatura era in grado di fare delle scelte, fino a quel momento era stato l’istinto la forza motrice del mondo e nessuna creatura era in grado di decidere la strada che avrebbe percorso la sua vita.

Il libro del mondo non poteva bastare per contenere una creatura tanto particolare quindi il bibliotecario cominciò a scrivere un libro dedicato a questa nuova creatura.

Presto si rese conto che un solo libro non sarebbe stato sufficiente per contenere tutti gli uomini, ognuno di loro era un intero mondo. Per poter fare le cose per bene era necessario un libro per ognuno di loro dove annotare quelle vite così intense e così importanti per il mondo.
Così iniziò a scrivere un libro per ognuno di quegli esseri e, come faceva per il libro del mondo, vi annotava tutti gli eventi degni di nota voltando una pagina ogni volta che una scelta o un avvenimento ne modificava il corso della vita.
Quando una vita si concludeva il bibliotecario chiudeva il libro di quella vita e lo metteva da parte.

Ben presto gli uomini e i libri chiusi  divennero troppi perché il bibliotecario se ne potesse occupare da solo. Decise quindi di trovare degli aiutanti.
Gli uomini sarebbero stati i candidati migliori per questo compito, ma lui non interferiva con la storia del mondo, e tantomeno avrebbe interferito nelle vite di questi esseri così importanti.
Decise quindi di scegliere i suoi aiutanti fra gli uomini che erano arrivati alla fine della loro vita nel mondo. I loro libri, sebbene conclusi, non sarebbero stati chiusi, ma sarebbero stati messi aperti nello studio del bibliotecario dove era custodito anche il libro del mondo.

Cominciò così la costruzione del palazzo e l’attività della biblioteca.

Il tempo passava, le civiltà nascevano e passavano, le epoche si susseguivano e nel palazzo il lavoro era sempre frenetico, ordinato e silenzioso.

Finché un giorno successe l’inimmaginabile.

Durante il suo consueto giro nella biblioteca, mentre osservava il lavoro dei suoi librai che scrivevano, voltavano pagine e chiudevano libri, il bibliotecario si rese conto che per lui non era mai stato scritto un libro.
Tutto ciò che era importante per il mondo aveva un libro, ogni uomo aveva un libro, tutti i suoi aiutanti ne avevano avuto uno, ma lui no, un libro non ce l’aveva mai avuto.
Inizialmente questo pensiero lo fece divertire, come avrebbe potuto avere un libro se non c’era nessuno che avrebbe potuto scriverlo?

Col passare del tempo il pensiero cominciava però a diventare un’ossessione, e il fatto di non avere un libro lo faceva sentire a disagio. Decise quindi che lo avrebbe scritto lui stesso. Avrebbe ripercorso la sua vita e la avrebbe messa nero su bianco su un libro come faceva con tutti gli altri.
Cominciò la stesura del suo libro pieno di entusiasmo e di emozione, ma quando posò la penna sulla pergamena della prima pagina si rese conto che non aveva nulla da scrivere.
Sui libri venivano scritti tutti gli eventi importanti che davano un senso alla vita di un una persona e venivano girate le pagine ogni volta che un evento o una scelta ne determinava una svolta, ma lui non aveva nulla da scrivere.
Per tutta la vita lui aveva scritto pagine e pagine con le cose importanti per il mondo e le cose importanti per ogni persona, ma l’unica cosa che trovò da scrivere sul suo libro non fu altro che il momento in cui scelse di scrivere la vita delle persone e di cominciare la costruzione del palazzo.
Nessun evento significativo, nessuna svolta, nessuna tragedia e nessuna gioia, una vita che non era nemmeno reale.
La sua vita si riassumeva in due righe su una singola pagina bianca.

Capiva che la sua vita era il suo lavoro di bibliotecario, sapeva bene quanto questo lavoro fosse importante, quanto lui era importante, ma quelle due striminzite righe lo angustiavano più di quanto volesse ammettere persino con sé stesso.

Quel tarlo che si faceva strada nella sua mente presto di trasformò in invidia per i suoi aiutanti che avevano avuto una vita vera, invidia di quell'umanità che viveva solo lo spazio di un libro, ma un libro pieno di parole e di pagine.
E insieme a questo cominciò a farsi strada l’idea che tutto quel lavoro di scrittura non aveva uno scopo, non era utile a nessuno, non serviva a nulla.
Finché, ormai dilaniato dai dubbi, convocò il suo primo libraio, colui che per primo fu scelto come libraio e che era ancora al servizio della biblioteca, e gli confidò le sue angosce.
Il libraio capiva; lui aveva vissuto una vita nel mondo e ne conservava la memoria in ogni fibra del suo essere, il bibliotecario invece era sempre stato lì, osservatore del mondo, delle scelte e delle emozioni dell’uomo, ma non avendole mai provate in prima persona, non poteva sapere cosa fossero davvero.

Così decisero che il bibliotecario si sarebbe preso un periodo di ferie lungo una vita. Avrebbe smesso di essere solo uno spettatore e avrebbe imparato cosa voleva dire vivere il mondo e non solo osservarlo!
Sarebbe andato nel mondo per il tempo di una vita nella quale avrebbe vissuto come un uomo fra gli uomini, senza memoria del palazzo e della biblioteca.
Alla fine sarebbe tornato al palazzo, arricchito dell’esperienza umana che gli mancava.
L’aiutante avrebbe sovrinteso l’andamento del palazzo in quel periodo e avrebbe scritto il libro della vita del bibliotecario. Alla fine, anziché chiuderlo l’avrebbe messo con quello dei librai, conclusi e rimasti aperti nello studio del bibliotecario.

Così cominciò la vita del bibliotecario come uomo fra gli uomini.
Visse una vita piena: con alti e bassi, con gioie e dolori, con speranze e rassegnazioni.
Alla fine, ormai vecchio, era pronto a concludere la sua esistenza in quel mondo che gli aveva dato tanto, inconsapevole come tutti gli uomini di ciò che sarebbe stato il dopo.
Il suo libro era ormai concluso e, quando fu il momento, le ultime frasi furono scritte e il libro venne messo nel suo studio, aperto sulla sua scrivania, di fianco al libro del mondo.

Al suo ritorno al palazzo il bibliotecario ebbe un momento di smarrimento, come succedeva per tutti coloro scelti per il ruolo di librai.
Riprese il suo posto nel palazzo, riprese il suo compito di scrittore del libro del mondo.
La sua mente andava spesso a rivivere le esperienze scritte nel suo libro e cominciò a capire il motivo per cui alcuni librai decidessero a un certo punto che era ora di andare oltre, di abbandonare il palazzo, di chiudere il loro libro.

Una vita era breve, ma lasciava nei suoi librai una pienezza che lui prima non comprendeva.
Da quel giorno comprese cosa volesse dire scrivere la vita di altri col ricordo della propria, cosa significasse scrivere un libro capendo a fondo ciò che scriveva, ciò che prima erano solo parole, e capì l’importanza del mantenere e conservare quelle preziose esperienze. E decise che un uomo avrebbe dovuto poter capire quanto fosse importante la sua vita e avrebbe dovuto poter fare tesoro delle esperienze degli altri uomini per arricchire ulteriormente la propria.

Allora riunì i suoi fidati librai e i costruttori e tutte le persone del palazzo e insieme cercarono un modo per poter mettere a disposizione degli uomini le esperienze delle vite delle persone vissute prima di loro e la ricchezza del loro passato.
Non doveva essere un’imposizione, non avrebbe dovuto influenzare la storia del mondo, ma doveva essere a disposizione di chiunque volesse accedervi.
E decisero di rendere il palazzo visibile agli uomini: avrebbe occupato l’immensità del cielo, il firmamento sarebbe stato il suo nuovo aspetto e tutti coloro che lo desideravano avrebbero potuto trarne ispirazione e beneficio.

Ogni libro sarebbe diventato una stella, ogni pagina voltata di qualunque libro aperto sarebbe strato un brillio nell'intero palazzo e ogni libro chiuso avrebbe lasciato nel cielo una istantanea traccia per poi prendere posto fra le altre stelle.

La stanza del bibliotecario, quella che conteneva il libro del mondo, sarebbe stata la stella più grande, il sole, avrebbe dato luce, calore e vita al mondo stesso.

La biblioteca dove i librai scrivevano sarebbe stata la luna, visibile al tramonto del sole, e la sua luce avrebbe riempito il cielo la notte, a fasi alterne perché la luce dei libri aperti non oscurasse quella dei libri chiusi.

Ogni uomo al tramonto del sole avrebbe trovato serenità e speranza, nella notte avrebbe trovato ispirazione dalla luce della luna e conforto dall'immensità del cielo stellato.
Osservando il cielo, l’uomo avrebbe capito l’importanza della sua vita, di ogni sua scelta e di ogni svolta della sua vita: lo scintillio di ogni pagina girata del suo libro avrebbe dato nuova vitalità a tutto il firmamento e, in vista di una svolta nella sua vita, avrebbe potuto trovare forza e coraggio ispirati dal luccichio delle scelte di tutti gli altri uomini.

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