Di solito in questo periodo dell'anno si è in trepidante attesa dell'arrivo feste, dello stare in famiglia, dei preparativi per il presepio vivente, dei regali, della notte di Natale, del capodanno e di tutte le cerimonie e delle tradizioni che questo periodo porta con sè.
Un'attesa che contagia tutti, sia chi si diletta in addobbi, compere, luminarie, sia chi invece è indifferente a queste cose o addirittura le disprezza.
Per quanto uno possa essere e pensare come un grinch, l'arrivo del Natale non può non dargli una sensazione di attesa e di festività.
Quest'anno, che è stato un anno decisamente anomalo, continua con la sua stranezza e ha trasformato l'attesa dei riti di Natale nell'attesa di sapere se e come si potranno vivere questi momenti.
Siamo tutti lì ad aspettare di sapere cosa potremo fare o non fare, come potremo o non potremo farlo, dove potremo o non potremo andare.
La mia non è una polemica, è una constatazione.
Siamo in un periodo difficile che ci accompagna da davvero troppo tempo, ci dobbiamo adattare a una serie di comportamenti per salvaguardare la nostra salute, dobbiamo adeguarci a regole e imposizioni a cui non siamo mai stati sottoposti.
E ci adattiamo e facciamo tutto quello che possiamo per cercare di comportarci nel modo più corretto.
E anche facciamo tutto il necessario e siamo consapevoli che è solo per il nostro bene, lasciatemelo dire, non è che per forza debba piacerci.
Ma del resto non ci piacerebbe nemmeno trovarci in ospedale o che in ospedale ci finisca qualcuno dei nostri cari.
Quindi attendiamo.
Attendiamo le prossime direttive, attendiamo la fine di questo periodo assurdo, attendiamo che il mondo torni a essere se stesso.
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